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19 May 2016 22:36:21


Un po’ di dibattito sulla MiFID II


La MiFID II definisce (art.4, co.1, n.4) consulenza in materia di investimenti la prestazione di raccomandazioni personalizzate ad un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa dell’impresa di investimento, riguardo ad una o più operazioni relative a strumenti finanziari.

Le raccomandazioni personalizzate vengono quindi poste in relazione a «strumenti finanziari» peraltro elencati nella sezione C dell’allegato I alla direttiva (sinteticamente:  valori mobiliari – ad esempio azioni di società, obbligazioni … - , strumenti del mercato monetario - ad esempio i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali -, quote di organismi di investimento collettivi e diverse tipologie di derivati.)


La direttiva premette, tra l’altro, che quando la consulenza è fornita su base indipendente, prima di formulare una raccomandazione personalizzata dovrebbe essere valutata una gamma sufficiente di prodotti offerti da diversi fornitori (73° considerando).


Specifica poi (art.24, co.7) che quando l’impresa di investimento informa il cliente che la consulenza in materia di investimenti è fornita su base indipendente, essa, tra l’altro, valuta una congrua gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato, che devono essere sufficientemente diversificati in termini di tipologia ed emittenti o fornitori di prodotti da garantire che gli obiettivi di investimento del cliente siano opportunamente soddisfatti.


La MiFID II quindi, in relazione alla consulenza fornita su base indipendente, chiede:


1) la valutazione di una gamma sufficiente di prodotti offerti da diversi fornitori;


2) la valutazione di una congrua gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato, che devono essere sufficientemente diversificati in termini di tipologia ed emittenti o fornitori di prodotti da garantire che gli obiettivi di investimento del cliente siano opportunamente soddisfatti.


Orbene prendiamo in considerazione un cliente che desideri investire parte del proprio patrimonio interamente in azioni ordinarie di società quotate denominate nella medesima divisa e che a tal fine fruisca del servizio di consulenza in materia di investimenti fornita su base indipendente.

Supponiamo che il cliente costituisca così un portafoglio titoli che nel suo insieme garantisca la soddisfazione dei propri obiettivi d’investimento e che risulti adeguato al suo profilo di rischio. In questo caso ci troveremmo dinnanzi ad una diversificazione in termini di emittenti ma certamente non di tipologia (sono tutte azioni ordinarie, quotate, denominate nella stessa divisa, ovvero inequivocabilmente della medesima tipologia). Non si comprende, in questo caso, perché la direttiva detti che gli strumenti finanziari valutati debbano essere diversificati in termini di tipologia ed emittenti.

Infatti, a mio parere, non si può escludere che una diversificazione tra strumenti finanziari di molteplici emittenti ma della medesima tipologia possa garantire che gli obiettivi di investimento dei clienti siano opportunamente soddisfatti.



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